Ambito di Pietro Bianchi, Scena di Martirio










in vendita
- Epoca : 18° secolo - 1700
- Stile : Altri stili
- Altezza : 27.5cm
- Larghezza : 18.5cm
- Materiale : Olio su tela
- Prezzo: 3600€
- antiquario
Ars Antiqua srl - Telefono: +39 02 29529057
- Cellulare: 393664680856
- Milano,Italy
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Descrizione Dettagliata
Ambito di Pietro Bianchi, detto il Creatura (Roma, 1694 – ivi, 1740)
Martirio di una santa
Olio su tela, cm 27,5 x 18,5
Cornice cm 42,5 x 34
L’etimo della parola “martire”, dal greco letteralmente testimone, è rivelatore dell’amore divino concesso alla totalità degli uomini. Iconograficamente questo favore viene reso attraverso la rappresentazione di un santo martire ricevente corona e palma del martirio, simboli derivanti dal lessico pagano della vittoria. I testimoni della fede sono sempre visivamente resi riguardanti il cielo, in un’espressione di dorato trasporto, in rispetto a quanto previsto dagli Acta martyrum, letteratura esemplata sui verbali dei processi occorsi contro i martiri, e dalle Passiones, scritti più “romanzati“ delle biografie di questi santi, in quanto dallo scopo edificatorio e moraleggiante.
La trasportata estetizzazione del più deliberato momento drammatico, tipica del barocco romano, si accorda favorevolmente con la materia plastica con cui l’artista del presente leviga le superfici e caratterizza, attraverso pastose pennellate, la vividezza dei figuranti. I debiti dalla scuola romana sono evidenti, persino nel brano paesaggistico in cui è collocata la scena, sostenuto da un avvolgente chiaroscuro, algidamente contrapposto ad un cielo spaccato dalla luce divina. È possibile intessere ragionevoli rapporti con la produzione di Pietro Bianchi, meglio noto come il Creatura, che diffusamente segnò l’ambito romano e limitrofo, tanto da influenzare una folta schiera di seguaci, cui si deve il presente.
Incluso tra i pittori genovesi nelle Vite del Soprani, Bianchi nacque in verità a Roma; l’antico spirito genovese derivò all’artista dalla cittadinanza di genitori e famiglia, cittadini della Repubblica da sempre. Quando si trasferirono in Roma nel 1682, il Bianchi si recò a bottega da Giacomo Triga per approfondire l’arte della pittura, quindi da Pierre Le Gros per perfezionare la realizzazione delle sculture in creta. Quando il triga si trasferì a Venezia, Bianchi si rivolse a Giovan Battista Gaulli detto il Baciccio (1639-1709), il quale aveva già assimilato la pittura di Rubens e Van Dyck sotto il maestro Luciano Borzone, pure già brillante collaboratore del Bernini. Grazie al Gaulli Bianchi ebbe modo di aggiornarsi al più drammaticamente brillante barocco romano, vincendo ripetutamente, nella felice parentesi alla stregua del maestro genovese, concorsi intrattenuti presso l’Accademia di San Luca, in occasione dei quali ricevette il soprannome “Creatura” per via della giovane età. Quado il Baciccia morì, Bianchi studiò prima presso Giuseppe Ghezzi quindi da Benedetto Luti. Lo stato attuale della critica circoscrive al Bianchi un limitato corpus operistico, complice la dispersione antiquariale di molte sue tele. Si rammenti il soffitto di palazzo Colonna con la Gloria del papa Martino V con le scene del Merito incoronato dalla virtù, la pala con l’Immacolata Concezione con i Ss. Giovanni Crisostomo, Francesco e Antonio conservata in S. Maria degli Angeli, nonché numerosi disegni per scultori quali Filippo della Valle e Pietro Bracci.
Il presente raccoglie tutte le suggestioni ricavabili dalla piena maturità dell’artista, rielaborandole tuttavia in una traduzione pittorica più raffinata. L’artista del presente deduce dal Bianchi eguale stesura chiaroscurale nel definire le anatomie dei figuranti; medesimo pathos negli atteggiamenti e fedele collocazione scenografico-naturalistica. Persino i volti della presente martire e aguzzino si pareggiano con quelli riproposti più volte dal Bianchi, solidamente modellati in strette volumetrie. Si considerino, tra tutti, i dipinti eseguiti dal Bianchi e raffiguranti Ercole Bambino soffoca i serpenti, Ercole e Iole, Ercole e il leone di Nemea, Ercole e Onfale, Ercole uccide un centauro, Ratto di Deianira (tutti in collezione privata) dai quali l’artista del presente mutua l’esasperato dialogo tra i personaggi, nonché il San Francesco da Paola in estasi, oggi nelle collezioni del Museo del Louvre, che come i sopraddetti intesse un debito formale nella suggestiva scelta figurale.
Martirio di una santa
Olio su tela, cm 27,5 x 18,5
Cornice cm 42,5 x 34
L’etimo della parola “martire”, dal greco letteralmente testimone, è rivelatore dell’amore divino concesso alla totalità degli uomini. Iconograficamente questo favore viene reso attraverso la rappresentazione di un santo martire ricevente corona e palma del martirio, simboli derivanti dal lessico pagano della vittoria. I testimoni della fede sono sempre visivamente resi riguardanti il cielo, in un’espressione di dorato trasporto, in rispetto a quanto previsto dagli Acta martyrum, letteratura esemplata sui verbali dei processi occorsi contro i martiri, e dalle Passiones, scritti più “romanzati“ delle biografie di questi santi, in quanto dallo scopo edificatorio e moraleggiante.
La trasportata estetizzazione del più deliberato momento drammatico, tipica del barocco romano, si accorda favorevolmente con la materia plastica con cui l’artista del presente leviga le superfici e caratterizza, attraverso pastose pennellate, la vividezza dei figuranti. I debiti dalla scuola romana sono evidenti, persino nel brano paesaggistico in cui è collocata la scena, sostenuto da un avvolgente chiaroscuro, algidamente contrapposto ad un cielo spaccato dalla luce divina. È possibile intessere ragionevoli rapporti con la produzione di Pietro Bianchi, meglio noto come il Creatura, che diffusamente segnò l’ambito romano e limitrofo, tanto da influenzare una folta schiera di seguaci, cui si deve il presente.
Incluso tra i pittori genovesi nelle Vite del Soprani, Bianchi nacque in verità a Roma; l’antico spirito genovese derivò all’artista dalla cittadinanza di genitori e famiglia, cittadini della Repubblica da sempre. Quando si trasferirono in Roma nel 1682, il Bianchi si recò a bottega da Giacomo Triga per approfondire l’arte della pittura, quindi da Pierre Le Gros per perfezionare la realizzazione delle sculture in creta. Quando il triga si trasferì a Venezia, Bianchi si rivolse a Giovan Battista Gaulli detto il Baciccio (1639-1709), il quale aveva già assimilato la pittura di Rubens e Van Dyck sotto il maestro Luciano Borzone, pure già brillante collaboratore del Bernini. Grazie al Gaulli Bianchi ebbe modo di aggiornarsi al più drammaticamente brillante barocco romano, vincendo ripetutamente, nella felice parentesi alla stregua del maestro genovese, concorsi intrattenuti presso l’Accademia di San Luca, in occasione dei quali ricevette il soprannome “Creatura” per via della giovane età. Quado il Baciccia morì, Bianchi studiò prima presso Giuseppe Ghezzi quindi da Benedetto Luti. Lo stato attuale della critica circoscrive al Bianchi un limitato corpus operistico, complice la dispersione antiquariale di molte sue tele. Si rammenti il soffitto di palazzo Colonna con la Gloria del papa Martino V con le scene del Merito incoronato dalla virtù, la pala con l’Immacolata Concezione con i Ss. Giovanni Crisostomo, Francesco e Antonio conservata in S. Maria degli Angeli, nonché numerosi disegni per scultori quali Filippo della Valle e Pietro Bracci.
Il presente raccoglie tutte le suggestioni ricavabili dalla piena maturità dell’artista, rielaborandole tuttavia in una traduzione pittorica più raffinata. L’artista del presente deduce dal Bianchi eguale stesura chiaroscurale nel definire le anatomie dei figuranti; medesimo pathos negli atteggiamenti e fedele collocazione scenografico-naturalistica. Persino i volti della presente martire e aguzzino si pareggiano con quelli riproposti più volte dal Bianchi, solidamente modellati in strette volumetrie. Si considerino, tra tutti, i dipinti eseguiti dal Bianchi e raffiguranti Ercole Bambino soffoca i serpenti, Ercole e Iole, Ercole e il leone di Nemea, Ercole e Onfale, Ercole uccide un centauro, Ratto di Deianira (tutti in collezione privata) dai quali l’artista del presente mutua l’esasperato dialogo tra i personaggi, nonché il San Francesco da Paola in estasi, oggi nelle collezioni del Museo del Louvre, che come i sopraddetti intesse un debito formale nella suggestiva scelta figurale.