Ippolito Scarsella, attr., Cristo portacroce













in vendita
- Epoca : 17° secolo -1600
- Stile : Altri stili
- Altezza : 44.5cm
- Larghezza : 53cm
- Materiale : olio su tavola
- Prezzo: 7000€
- antiquario
Ars Antiqua srl - Telefono: +39 02 29529057
- Cellulare: 393664680856
- Milano,Italy
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Descrizione Dettagliata
Ippolito Scarsella, detto lo Scarsellino (Ferrara, 1550 ca. – 1620), Attr
Cristo portacroce
Olio su tavola di pioppo, cm 44,5 x 53 – Con cornice, cm 58,5 x 67,5
La tavola si apre con uno scorcio appassionato sul Cristo portacroce che, con passo affaticato, ma consapevole della salvezza che a breve porterà all’umanità, sale al Calvario, accompagnato dagli sguardi addolorati della Madre, di Maria Maddalena e di San Giovanni.
Le linee taglienti dei panneggi e le tinte acidule e cangianti delle vesti, così come la fisionomia dei volti, asseriscono ad un abito culturale ferrarese, vicino alla mano di Ippolito Scarsella.
Agostino Superbi (1620) tracciò il primo profilo dello Scarsellino, «oggidì singolare et eccellente nella pittura, et abbondante d’invenzioni», lodando la sua «maniera di colorire gustevole, vaga e delicata, et una mano velocissima», mentre la sua personalità artistica e il suo catalogo furono illustrati quasi un secolo più tardi da Baruffaldi, il quale fissò al 1551 la sua nascita sulla base della tradizione che lo voleva morto settantenne. Secondo Baruffaldi, Ippolito fu allievo del padre, cui le fonti attribuiscono dipinti per lo più perduti o dispersi, alcuni dei quali sono riemersi di recente, consentendo di avviare la ricostruzione del suo catalogo, in parte ancora confuso con quello del figlio dopo «ventidue mesi» si trasferì a Venezia, dove restò tre anni frequentando la bottega del Veronese e studiando Tiziano, Andrea Schiavone, Tintoretto e i Bassano. Il soggiorno è confermato dalla spiccata matrice veneta che caratterizzò tutta la produzione del pittore, soprannominato il Paolo de’ Ferraresi e dalle parole di Giulio Mancini. Come intuito da Francesco Arcangeli, lo Scarsellino perseguì «una via ferrarese all’ideale classico, che si nutre degli esempi della grande tradizione veneta del Cinquecento – in parallelo a quanto avviene per i Carracci e con risultati che talvolta coincidono nello stile con quelli dei bolognesi – rivisti e corretti però entro la lingua dei ferraresi del Cinquecento» (Morandotti, 1997, p. 32). Il poeta bresciano Giulio Cesare Gigli ricordò lui e il padre Sigismondo, «quasi moderni Dossi», ne La pittura trionfante (1615, 1996, pp. 52 s.) a riprova della fama di cui Ippolito godette tra i contemporanei, che lo considerarono il pittore «migliore di Ferrara».
Si osservino alcuni esempi di mano dello Scarsellino e di medesimo soggetto, come il Cristo portacroce in collezione privata parigina e quello andato all’incanto che denotano le medesime strutture fisionomiche dei volti del Cristo, dei panneggi e, in particolar modo, dell’anatomia delle mani, sulle quali si scorgono le vene in rilievo sul dorso, sintomo dell’evidente peso fisico e morale che attanaglia il Salvatore.
Con Ars Antiqua è possibile dilazionare tutti gli importi fino a € 5.000 a TASSO ZERO, per un totale di 12 RATE.
Es. Tot. € 4.500 = Rata mensile € 375 per 12 mesi.
Es. Tot. € 3.600 = Rata mensile € 720 per 5 mesi.
Per importi superiori a € 5.000 o per una maggiore dilazione nel tempo (oltre 12 rate), possiamo fornire un pagamento personalizzato.
Contattaci direttamente per avere il miglior preventivo.
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– In streaming sul nostro sito www.arsantiquasrl.com e sui nostri social Facebook e Youtube
Tutte le opere proposte da Ars Antiqua sono vendute corredate di certificato di autenticità a norma di legge e accurata scheda di approfondimento.
È possibile vedere direttamente le opere presso la galleria showroom di Milano, in via Pisacane 55 e 57.
Organizziamo personalmente trasporti e consegne delle opere, sia per l'Italia che per l'estero.
Cristo portacroce
Olio su tavola di pioppo, cm 44,5 x 53 – Con cornice, cm 58,5 x 67,5
La tavola si apre con uno scorcio appassionato sul Cristo portacroce che, con passo affaticato, ma consapevole della salvezza che a breve porterà all’umanità, sale al Calvario, accompagnato dagli sguardi addolorati della Madre, di Maria Maddalena e di San Giovanni.
Le linee taglienti dei panneggi e le tinte acidule e cangianti delle vesti, così come la fisionomia dei volti, asseriscono ad un abito culturale ferrarese, vicino alla mano di Ippolito Scarsella.
Agostino Superbi (1620) tracciò il primo profilo dello Scarsellino, «oggidì singolare et eccellente nella pittura, et abbondante d’invenzioni», lodando la sua «maniera di colorire gustevole, vaga e delicata, et una mano velocissima», mentre la sua personalità artistica e il suo catalogo furono illustrati quasi un secolo più tardi da Baruffaldi, il quale fissò al 1551 la sua nascita sulla base della tradizione che lo voleva morto settantenne. Secondo Baruffaldi, Ippolito fu allievo del padre, cui le fonti attribuiscono dipinti per lo più perduti o dispersi, alcuni dei quali sono riemersi di recente, consentendo di avviare la ricostruzione del suo catalogo, in parte ancora confuso con quello del figlio dopo «ventidue mesi» si trasferì a Venezia, dove restò tre anni frequentando la bottega del Veronese e studiando Tiziano, Andrea Schiavone, Tintoretto e i Bassano. Il soggiorno è confermato dalla spiccata matrice veneta che caratterizzò tutta la produzione del pittore, soprannominato il Paolo de’ Ferraresi e dalle parole di Giulio Mancini. Come intuito da Francesco Arcangeli, lo Scarsellino perseguì «una via ferrarese all’ideale classico, che si nutre degli esempi della grande tradizione veneta del Cinquecento – in parallelo a quanto avviene per i Carracci e con risultati che talvolta coincidono nello stile con quelli dei bolognesi – rivisti e corretti però entro la lingua dei ferraresi del Cinquecento» (Morandotti, 1997, p. 32). Il poeta bresciano Giulio Cesare Gigli ricordò lui e il padre Sigismondo, «quasi moderni Dossi», ne La pittura trionfante (1615, 1996, pp. 52 s.) a riprova della fama di cui Ippolito godette tra i contemporanei, che lo considerarono il pittore «migliore di Ferrara».
Si osservino alcuni esempi di mano dello Scarsellino e di medesimo soggetto, come il Cristo portacroce in collezione privata parigina e quello andato all’incanto che denotano le medesime strutture fisionomiche dei volti del Cristo, dei panneggi e, in particolar modo, dell’anatomia delle mani, sulle quali si scorgono le vene in rilievo sul dorso, sintomo dell’evidente peso fisico e morale che attanaglia il Salvatore.
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Es. Tot. € 4.500 = Rata mensile € 375 per 12 mesi.
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