Progetto per affresco con Amore e Psiche, XIX-XX secolo















in vendita
- Epoca : 19° secolo - 1800
- Stile : Altri stili
- Altezza : 79.5cm
- Larghezza : 93cm
- Materiale : Olio su tela
- Prezzo: 6000€
- antiquario
Ars Antiqua srl - Telefono: +39 02 29529057
- Cellulare: 393664680856
- Milano,Italy
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Descrizione Dettagliata
Giuseppe Avallone (Salerno, 1865 – ivi, 1940)
Progetto per affresco di casa Adinolfi con Amore e Psiche
Olio su tela, cm 79,5 x 93 - Con cornice cm 89,5 x 106,5
La favola di Amore e Psiche, consegnata all’eternità dallo stilo di Apuleio, contiene numerose prove affrontate dalla giovane per ottenere il favore dell’amato Eros. L’ultima prova, consistente nel discendere sino agli Inferi per chiedere a Proserpina una scatoletta contenente la sua bellezza, è in realtà un inganno: Venere, madre di Amore, in aperto contrasto con Psiche, ha in realtà riempito il cofanetto di un sonno profondo da cui non sia possibile risvegliarsi. Soltanto il tempestivo intervento di Amore, volato dall’amata, strappa Psiche dal torpore mortifero e convince l’intero consesso degli dèi, Venere compresa, ad accettare Psiche come novella sposa. Le nozze finali tra Amore e la fanciulla consentiranno a questa di entrare nella cerchia divina, ottenendo l’eternità. La vicenda apuleiana, metafora dell’immortalità raggiungibile attraverso la nobilitazione dell’anima, offre nel presente bozzetto l’istante più felice del racconto. Vi si figura infatti Amore che bacia, svegliandola, la futura sposa, già innalzata da una serie di puttini all’Olimpo, sintetizzato da bianche nuvole e dal profilo di un tempio. Due vicine colombelle tubano felicemente, a metaforizzare il sentimento amoroso. Poco distanti si riconoscono due grazie o muse in compagnia di un satiro, che Apuleio descrive impegnato ad allietare con musica il successivo banchetto nuziale. Oltre un diafano strato di nuvole fanno infine capolino Venere redenta, madre di Amore, con l’amato Marte, rivestito di canonici scudo, lancia e cimiero: come avrebbe insomma detto un poeta precedente ad Apuleio, Virgilio, Omnia vincit Amor.
Il presente dipinto, bozzetto per fresco di soffitto, è stato realizzato da Giuseppe Avallone. L’affresco finale, lievemente differente rispetto al presente nella posizione delle figure e nella scelta dei colori, più freddi, adorna oggi casa Adinolfi a Salerno. Nel Comanducci (edizione 1962) si chiarificano “Pregevoli i suoi lavori, degni di lode i suoi schizzi”. Terminati i corsi di studio presso le Belle Arti di Napoli quando solo sedicenne, l’artista elaborò un dolce stile di impronta ancora neoclassica improntato sulle lezioni dei suoi maestri Gioacchino Toma, Francesco Pisante e Domenico Morelli. Massimo tra i pittori salernitani, venne lungamente preferito dal Morelli, insieme agli altri allievi Vincenzo Gemito e Gaetano Esposito. Si distinse in particolar modo nella pittura ad affresco, che consentì lui di soddisfare diverse commesse per enti pubblici salernitani, quali l’Immacolata Concezione per il soffitto della chiesa di Sant’Antonio Abate e Santa Rita di Salerno (1913), i freschi per Palazzo Antico della Camera di Commercio di Salerno e le allegorie del Risparmio, Industria, Agricoltura e Commercio Marittimo del Palazzo della Banca d’Italia, nel 1930. Affrescò anche la cattedrale di Muro Lucano, le chiese di Santa Caterina e Santa Maria dei Greci a Caggiano, la volta della chiesa di S. Nicola di Bari a Coperchia e svariati palazzi e case nobiliari delle famiglie di Salerno. Espose per la prima volta alla LXVII Mostra della Società Promotrice di Belle Arti torinese (1909); ottenne infine l’onorificenza del cavalierato dell’Ordine della Corona d’Italia.
Con Ars Antiqua è possibile dilazionare tutti gli importi fino a € 5.000 a TASSO ZERO, per un totale di 12 RATE.
Es. Tot. € 4.500 = Rata mensile € 375 per 12 mesi.
Es. Tot. € 3.600 = Rata mensile € 720 per 5 mesi.
Per importi superiori a € 5.000 o per una maggiore dilazione nel tempo (oltre 12 rate), possiamo fornire un pagamento personalizzato.
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– In streaming sul nostro sito www.arsantiquasrl.com e sui nostri social Facebook e Youtube
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La favola di Amore e Psiche, consegnata all’eternità dallo stilo di Apuleio, contiene numerose prove affrontate dalla giovane per ottenere il favore dell’amato Eros. L’ultima prova, consistente nel discendere sino agli Inferi per chiedere a Proserpina una scatoletta contenente la sua bellezza, è in realtà un inganno: Venere, madre di Amore, in aperto contrasto con Psiche, ha in realtà riempito il cofanetto di un sonno profondo da cui non sia possibile risvegliarsi. Soltanto il tempestivo intervento di Amore, volato dall’amata, strappa Psiche dal torpore mortifero e convince l’intero consesso degli dèi, Venere compresa, ad accettare Psiche come novella sposa. Le nozze finali tra Amore e la fanciulla consentiranno a questa di entrare nella cerchia divina, ottenendo l’eternità. La vicenda apuleiana, metafora dell’immortalità raggiungibile attraverso la nobilitazione dell’anima, offre nel presente bozzetto l’istante più felice del racconto. Vi si figura infatti Amore che bacia, svegliandola, la futura sposa, già innalzata da una serie di puttini all’Olimpo, sintetizzato da bianche nuvole e dal profilo di un tempio. Due vicine colombelle tubano felicemente, a metaforizzare il sentimento amoroso. Poco distanti si riconoscono due grazie o muse in compagnia di un satiro, che Apuleio descrive impegnato ad allietare con musica il successivo banchetto nuziale. Oltre un diafano strato di nuvole fanno infine capolino Venere redenta, madre di Amore, con l’amato Marte, rivestito di canonici scudo, lancia e cimiero: come avrebbe insomma detto un poeta precedente ad Apuleio, Virgilio, Omnia vincit Amor.
Il presente dipinto, bozzetto per fresco di soffitto, è stato realizzato da Giuseppe Avallone. L’affresco finale, lievemente differente rispetto al presente nella posizione delle figure e nella scelta dei colori, più freddi, adorna oggi casa Adinolfi a Salerno. Nel Comanducci (edizione 1962) si chiarificano “Pregevoli i suoi lavori, degni di lode i suoi schizzi”. Terminati i corsi di studio presso le Belle Arti di Napoli quando solo sedicenne, l’artista elaborò un dolce stile di impronta ancora neoclassica improntato sulle lezioni dei suoi maestri Gioacchino Toma, Francesco Pisante e Domenico Morelli. Massimo tra i pittori salernitani, venne lungamente preferito dal Morelli, insieme agli altri allievi Vincenzo Gemito e Gaetano Esposito. Si distinse in particolar modo nella pittura ad affresco, che consentì lui di soddisfare diverse commesse per enti pubblici salernitani, quali l’Immacolata Concezione per il soffitto della chiesa di Sant’Antonio Abate e Santa Rita di Salerno (1913), i freschi per Palazzo Antico della Camera di Commercio di Salerno e le allegorie del Risparmio, Industria, Agricoltura e Commercio Marittimo del Palazzo della Banca d’Italia, nel 1930. Affrescò anche la cattedrale di Muro Lucano, le chiese di Santa Caterina e Santa Maria dei Greci a Caggiano, la volta della chiesa di S. Nicola di Bari a Coperchia e svariati palazzi e case nobiliari delle famiglie di Salerno. Espose per la prima volta alla LXVII Mostra della Società Promotrice di Belle Arti torinese (1909); ottenne infine l’onorificenza del cavalierato dell’Ordine della Corona d’Italia.
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