Sacra conversazione, Scuola fiamminga, XVII secolo











in vendita
- Epoca : 17° secolo -1600
- Stile : Altri stili
- Altezza : 53cm
- Larghezza : 43cm
- Materiale : Olio su rame
- Prezzo: 2800€
- antiquario
Ars Antiqua srl - Telefono: +39 02 29529057
- Cellulare: 393664680856
- Milano,Italy
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Descrizione Dettagliata
XVII secolo, Scuola fiamminga
Sacra conversazione con Santa Rosalia e San Paolo
Olio su rame, cm 53,5 x 43 - con cornice cm 65 x 54,5
In aggiunta alla tradizionale iconografia della Sacra conversazione, in cui accanto a Vergine in trono stanno santi ed eventuali donatori, nel presente il Bambino anima sentitamente la composizione, movimentandola per donare a Santa Rosalia una corona di fiori.
La Santa, riconoscibile grazie all’abito eremitico, al teschio e alle corolle fiorite, vantava nobili natali palermitani, essendo figlia del conte Sinibaldo Sinibaldi e discendente di Carlo Magno e Ruggero II di Sicilia. Quando il padre la promise in sposa al conte Baldovino, che lo aveva salvato dall’attacco di un leone durante una battuta di caccia, la fanciulla, specchiandosi, vide l’immagine di Cristo riflessa nel vetro. Rosalia rigettò quindi la proposta nuziale, presentandosi il giorno delle nozze con la chioma recisa, e si votò a vita eremitica, sostando prima in una grotta localizzata presso Santo Stefano Quisquina, quindi in una seconda presso Monte Pellegrino. Nel presente la Santa sta ricevendo una corona di fiori dalle dirette mani del Figlio, licenza letteraria alla tradizionale corona della santificazione, rimandante alla virginea purezza di Rosalia che accettò di divenire sposa del solo Cristo, e contemporaneo parallelismo al suo nome. Il racemo di giglio poggiato sul teschio, altro attributo della Santa, è esso stesso simbolo della nascita di Gesù e più in generale dell’Annunciazione; in questo contesto assume pertanto un ulteriore sfumatura di significato, suggerente che dal sentimento di fede, nutrito da Rosalia e più in generale da tutti i credenti, possa e debba nascere sempre qualche frutto, stigmatizzato nel soggetto di nascita per eccellenza, il Bambino. Controparte figurale di Rosalia è San Paolo, trionfante nel consueto mantello purpureo da miles Christi. Il principe degli apostoli stringe tra le mani la spada del martirio, suo attributo iconografico dal XIII secolo, in cui parte della letteratura artistica ha voluto riconoscere anche un sotteso riferimento alla sua precedente attività di persecutore dei cristiani. All’epoca di Nerone, quando il santo lasciò questa vita, il martirio per decapitazione era ritenuto più decoroso rispetto a quello per crocifissione, e fu concesso a Paolo soltanto perché cittadino romano. La ricorrenza iconografica degli strumenti del martirio, sempre affiancanti i santi, fu una costante imprescindibile nella testimonianza, per immagini, del messaggio cristiano: con essa si rammentava come, con la morte, il cristiano potesse finalmente rinascere definitivamente e perpetuamente in Cristo.
Nel presente rame i nimbi luminosi di Madre e Figlio si uniscono in un’unica aura dorata, a divenire il fulcro compositivo della scena, accostandosi al formalismo della mandorla della gloria. Le coppie di angioletti sospese al di sopra dei due santi costituiscono con questi un chiasmo coloristico, drappeggiate l’una di rosso, come il mantello di Paolo, l’altra di tenue candore, al pari dell’animo di Rosalia.
La distribuzione dei pigmenti risulta nel presente rame esito di una solida conoscenza del mestiere; la sensibilità formale con cui l’artista organizza i chiaroscuri e dispone la materia pittorica, di solido sentire nel mantello di Paolo, di liquida consistenza nell’abito invece della Vergine, testimoniano la polivalenza della tecnica della pittura su rame, in grado di riflettere su di uno stesso piano strutturale differenti volontà figurative. È ragionevole immagine alla realizzazione del presente un artista fiammingo, non solo per evidenze tipologico-formali nonché strutturali, ma anche culturali. Santa Rosalia fu infatti molto venerata a Palermo, in seguito all’intercessione operata affinché la città si salvasse da una terribile epidemia di peste, nel 1625. Molti artisti fiamminghi che animarono la fraglia olandese dell’isola, insieme a stessi siciliani, produssero diversi dipinti celebranti l’accadimento miracoloso. Si rammentino tra tutti gli autoctoni Pietro Novelli (1603-1647) con le pale oggi conservate presso la Chiesa di San Giacomo Peglio e la Galleria regionale in Palazzo Abatellis, e Vincenzo La Barbera (1577-1642) in S. Anna La Misericordia palermitana e nel Museo Diocesano di Palermo. La Sicilia aveva affascinato un effluvio di artisti fiamminghi all’indomani dell’affermazione sull’isola di Antoon van Dyck, Jan Gossaert detto il Mabuse e Mathias Stomer; sulla loro scorta si collocano le Santa Rosalia intercede per la peste di Palermo realizzate da Simone de Wobrek (1557-1587) – Palermo, Museo Diocesano – e Geronimo Gerardi ovvero Hyeronimus Gerards (1595-1648), in un dipinto conservato entro la Chiesa Madre di Ciminna, e in un altro oggi di proprietà della Banca Carige di Genova.
Con Ars Antiqua è possibile dilazionare tutti gli importi fino a € 5.000 a TASSO ZERO, per un totale di 12 RATE.
Es. Tot. € 4.500 = Rata mensile € 375 per 12 mesi.
Es. Tot. € 3.600 = Rata mensile € 720 per 5 mesi.
Per importi superiori a € 5.000 o per una maggiore dilazione nel tempo (oltre 12 rate), possiamo fornire un pagamento personalizzato.
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In aggiunta alla tradizionale iconografia della Sacra conversazione, in cui accanto a Vergine in trono stanno santi ed eventuali donatori, nel presente il Bambino anima sentitamente la composizione, movimentandola per donare a Santa Rosalia una corona di fiori.
La Santa, riconoscibile grazie all’abito eremitico, al teschio e alle corolle fiorite, vantava nobili natali palermitani, essendo figlia del conte Sinibaldo Sinibaldi e discendente di Carlo Magno e Ruggero II di Sicilia. Quando il padre la promise in sposa al conte Baldovino, che lo aveva salvato dall’attacco di un leone durante una battuta di caccia, la fanciulla, specchiandosi, vide l’immagine di Cristo riflessa nel vetro. Rosalia rigettò quindi la proposta nuziale, presentandosi il giorno delle nozze con la chioma recisa, e si votò a vita eremitica, sostando prima in una grotta localizzata presso Santo Stefano Quisquina, quindi in una seconda presso Monte Pellegrino. Nel presente la Santa sta ricevendo una corona di fiori dalle dirette mani del Figlio, licenza letteraria alla tradizionale corona della santificazione, rimandante alla virginea purezza di Rosalia che accettò di divenire sposa del solo Cristo, e contemporaneo parallelismo al suo nome. Il racemo di giglio poggiato sul teschio, altro attributo della Santa, è esso stesso simbolo della nascita di Gesù e più in generale dell’Annunciazione; in questo contesto assume pertanto un ulteriore sfumatura di significato, suggerente che dal sentimento di fede, nutrito da Rosalia e più in generale da tutti i credenti, possa e debba nascere sempre qualche frutto, stigmatizzato nel soggetto di nascita per eccellenza, il Bambino. Controparte figurale di Rosalia è San Paolo, trionfante nel consueto mantello purpureo da miles Christi. Il principe degli apostoli stringe tra le mani la spada del martirio, suo attributo iconografico dal XIII secolo, in cui parte della letteratura artistica ha voluto riconoscere anche un sotteso riferimento alla sua precedente attività di persecutore dei cristiani. All’epoca di Nerone, quando il santo lasciò questa vita, il martirio per decapitazione era ritenuto più decoroso rispetto a quello per crocifissione, e fu concesso a Paolo soltanto perché cittadino romano. La ricorrenza iconografica degli strumenti del martirio, sempre affiancanti i santi, fu una costante imprescindibile nella testimonianza, per immagini, del messaggio cristiano: con essa si rammentava come, con la morte, il cristiano potesse finalmente rinascere definitivamente e perpetuamente in Cristo.
Nel presente rame i nimbi luminosi di Madre e Figlio si uniscono in un’unica aura dorata, a divenire il fulcro compositivo della scena, accostandosi al formalismo della mandorla della gloria. Le coppie di angioletti sospese al di sopra dei due santi costituiscono con questi un chiasmo coloristico, drappeggiate l’una di rosso, come il mantello di Paolo, l’altra di tenue candore, al pari dell’animo di Rosalia.
La distribuzione dei pigmenti risulta nel presente rame esito di una solida conoscenza del mestiere; la sensibilità formale con cui l’artista organizza i chiaroscuri e dispone la materia pittorica, di solido sentire nel mantello di Paolo, di liquida consistenza nell’abito invece della Vergine, testimoniano la polivalenza della tecnica della pittura su rame, in grado di riflettere su di uno stesso piano strutturale differenti volontà figurative. È ragionevole immagine alla realizzazione del presente un artista fiammingo, non solo per evidenze tipologico-formali nonché strutturali, ma anche culturali. Santa Rosalia fu infatti molto venerata a Palermo, in seguito all’intercessione operata affinché la città si salvasse da una terribile epidemia di peste, nel 1625. Molti artisti fiamminghi che animarono la fraglia olandese dell’isola, insieme a stessi siciliani, produssero diversi dipinti celebranti l’accadimento miracoloso. Si rammentino tra tutti gli autoctoni Pietro Novelli (1603-1647) con le pale oggi conservate presso la Chiesa di San Giacomo Peglio e la Galleria regionale in Palazzo Abatellis, e Vincenzo La Barbera (1577-1642) in S. Anna La Misericordia palermitana e nel Museo Diocesano di Palermo. La Sicilia aveva affascinato un effluvio di artisti fiamminghi all’indomani dell’affermazione sull’isola di Antoon van Dyck, Jan Gossaert detto il Mabuse e Mathias Stomer; sulla loro scorta si collocano le Santa Rosalia intercede per la peste di Palermo realizzate da Simone de Wobrek (1557-1587) – Palermo, Museo Diocesano – e Geronimo Gerardi ovvero Hyeronimus Gerards (1595-1648), in un dipinto conservato entro la Chiesa Madre di Ciminna, e in un altro oggi di proprietà della Banca Carige di Genova.
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Es. Tot. € 4.500 = Rata mensile € 375 per 12 mesi.
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